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First Man (2018) - Regia di Damien Chazelle (Spoiler)

  • LBD Productions
  • 22 nov 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 3 dic 2018

Un film intimo, claustrofobico e personale. Un viaggio sull'accettazione di una perdita; di un dolore che ha formato un cratere immenso sul cuore.

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La bellissima locandina inquadra Neil Armstrong, con lo sguardo rivolso verso sinistra. Nel cinema, un personaggio che guarda versa sinistra sta guardando verso il passato. - Notare il buon lavoro di grafica sul titolo: parte della Luna va a formare la lettera "r"

Immaginate di essere rinchiusi in una cabina di un’ astronave. Angoli stretti, spazi claustrofobici, rumori di navicella ovunque. Di fronte a voi, oltre gli strati del casco e del vetro della navicella, vedete un orizzonte curvo che divide l’azzurro dal nero. Si allontana sempre più, svelando a poco a poco la bellezza di un geoide colorato. Casa vostra.

Il luogo in cui avete sempre vissuto. Il luogo in cui, magari, avete perso una persona cara. E il peso di quella perdita ve lo portate dentro, nel vostro viaggio fino alla Luna.

“First Man” è un film sulla perdita. Su quel cratere largo e vuoto che si forma sul cuore, quando una persona della tua vita viene a mancare.

“First Man” non è il film sul primo ancoraggio lunare. Non è un’opera di esaltazione dell’evento che ha fatto la storia; non è la definizione del sogno fantastico di Jules Verne.

“First Man” è un film sulla perdita. Su quel cratere largo e vuoto che si forma sul cuore, quando una persona della tua vita viene a mancare.


L'intimo viaggio sulla Luna

Sulla Terra Neil Armstrong ha perso una figlia.

Chiuso ed introverso, il futuro astronauta (sensibilmente interpretato da Ryan Gosling) non trova piena pace tra le mure di casa, tra gli schiamazzi degli altri suoi figli e il volto preoccupato dalla moglie (una Claire Foy in forma); Ha bisogno di realizzarsi nello spazio, di partecipare ad ogni test della NASA e non mollare mai, nonostante le difficoltà. Perchè lui deve raggiungere la Luna. La fine delle sue pene è laggiù.


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Con sacrificio egoista, rischia di non rivedere più la sua famiglia; rischia di far nascere in loro dei crateri. Se ne renderà conto, forse, nell’ultimo addio prima della partenza. Ma Neil non può più tirarsi indietro, ha bisogno di colmare il suo vuoto.

Il regista Damien Chazelle porta avanti il tema dell’ossessione già intrapreso in “Whiplash”.

Con l’avanzare della pellicola siamo sempre più vicini al volto di Neil, al suo desiderio, alle sue preoccupazioni. Per tutta la durata della pellicola la camera da ripresa si scuote incessantemente, a volte zoomando all'improvviso, senza mai dar respiro allo spettatore. Questo perchè la vita di Neil è continuamente in tensione, sempre aggravata, mai un giorno di serenità.

Una volta arrivato sulla Luna, invece, le scosse si assestano. Dopo un climax avvolgente e terrificante, in cui le ottime musiche di Justin Hurwitz fanno rimanere aggrappato alla poltrona lo spettatore, arriva la calma, la pace dei sensi.

Neil può ora colmare il vuoto, dare un senso a questo viaggio e compiere il grande balzo.

Il 1969 è l'anno in cui in tutti i piccoli schermi televisivi venne trasmesso il più epocale degli eventi della storia dell'Uomo. Ma in questo film non vediamo persone esultare durante l'ancoraggio.

Vediamo un uomo ripensare al suo passato, ai momenti felici e colorati. Attimi brevi e schietti, che si alternano allo spettacolo di una Luna deserta e senza tempo. Una sorta di paradiso grigio in cui Armstrong ritrova se stesso.


Sulla Terra Neil Armstrong ha perso una figlia.

Sulla Luna, l’ha ritrovata.


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