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IT (2017) - Regia di Andrés Muschietti (Spoiler)

  • LBD Productions
  • 28 nov 2018
  • Tempo di lettura: 16 min

Aggiornamento: 4 dic 2018

Il bisogno commerciale di una major ha spinto alla creazione di un horror concepito per un pubblico dal palato poco fine, rovinando così la critica e il messaggio di un cult letterario.

Una delle cose più riuscite del film... la locandina.

Sinossi


Nella città di Derry si susseguono strani sparizioni di bambini.

Il cLub dei Perdenti - un gruppo di ragazzini uniti dal loro essere emarginati da tutti - indagano sulla questione e , al contempo, diventano vittime di Pennywise, un clown assassino dotato di poteri soprannaturali.

Il loro coraggio li porterà ad affrontare le loro paure più grandi e a scoprire la verità dietro le sparizioni.

Il gruppo è composto da: Beverly (l'unica ragazza del team; mal trattata dal padre violento); Bill (un balbuziente traumatizzato dalla morte del fratellino George, avvenuta per colpa di Pennywise); Ben (bimbo cicciotto che ha una cotta per Beverly); Richie (il membro più irrequieto del gruppo); Eddie (ragazzo ipocondriaco, fragile e asmatico); Stan (il più pauroso e scettico della banda) e Mike (unico ragazzo colore di tutta Derry, vittima di razzismo).


Old but Gold (o quasi..)


Dal tomo di Stephen King era già stata creato un adattamento, riservato per le enti televisivi, l' "IT" del 1990, diretto da Tommy Lee Wallace (regista di "Halloween III" e "Frigh Night - Part II") ed interpretato da Tim Curry.

L'adattamento in sè era stato molto censurato dai produttori; la sfera sessuale dei piccoli protagonisti è stata messa da parte, i momenti più brutti della loro vita ridotti ad aneddoti sbrigativi, le scene più violente sono state sostituite da... palloncini colorati che riempiono lo schermo ovunque e dalla comicità di un Curry più mattacchione che mai (non nuovo a travestimenti esagerati.. qualcuno ha in mente il "The Rocky Horror Picture Show"?).

Il caro Wallace, tuttavia, aveva superato questa limitazione prendendo in prestito lo stile e la regia del suo maestro Carpenter (omaggiato all'inizio della miniserie TV) e dando forma ad un horror che riusciva ad immergerti grazie ad una sottrazione visiva nelle sequenze più violente e lasciando sottintendere un male straniante e demoniaco intriseco nella vita quotidiana dei ragazzini.

Ciò funziona maggiormente nella Prima Parte dello show, laddove la Seconda Parte si perde tra dialoghi assurdi e momenti trashosi.


Leggenda narra che Tim Curry non stesse recitando ma fosse veramente un clown assassino alieno. Gli vogliamo bene lo stesso!

Wallace utilizza una palette di colori pastello piuttosto sbiadita; tutto è immerso in una coltre bianca ed opaca, a cui si contrappone un Pennywise dalle tonalità sgargianti e accese. Ciò fa subito pensare a uno di quei insetti o anfibi dai colori altrettanto accesi; segnali fatti da Madre Natura per avvertire della loro pericolosità.

E parlando di Pennywise non si può non fare (anche a distanza di anni) i complimenti a Curry per essere riuscito a creare un clown che riesca a spaventare gli spettatori più piccoli e allo stesso tempo ad attrarli per via del suo carisma ed esibizionismo, rendendolo il personaggio che si attende di rivedere di più sullo schermo.

La sua prova attoriale è passata alla storia e ha decretato senza alcun dubbio il successo di questa opera mediocre, al punto tale da renderla un cult nostalgico.

Un altro aspetto positivo di questa serie è il Club dei Perdenti.

Pur avendogli tolto ogni istinto ormonale da pre-adolescenti e trattandoli come dei bambini ancora piccoli; la miniserie TV riesce comunque a farci affezionare alla loro presenza, puntando sul sentimentalismo della amicizia, delle prime cotte genuine e dello spirito di squadra.

Il loro legame è forte e si sente per tutta la durata della Prima Parte; hai l'idea esatta della loro personalità senza mai eccedere nel ridicolo o nell'estremo. Sono semplici bambini, che devono farsi forza gli uni con gli altri, in una realtà in cui i genitori e il resto degli adulti sono assenti (in maniera misteriosa e sospetta), i bulli di scuola sono delle minacce costanti e gli anni '50 non si dimostrano certo gentili nei confronti delle persone di colore (temi importanti come il razzismo sono sicuramente più approfonditi nel romanzo di King, ma si avvertono anche qui).


Gli omaggi quelli belli!

A fronte di questa trasposizione limitata e discreta, ma buona negli intenti, si sarebbe inevitabilmente fatto seguito una nuova versione che avrebbe recuperato la violenza e lo spargimento di sangue dell'"IT" letterario.

L'autore scelto per consacrare il nuovo adattamento fu Cary Fugunaka. Il regista, infatti, opzionò per una sceneggiatura macabra e disturbante, e una messinscena in cui i ricordi e le paura della sua infanzia si sarebbero riversati sul tono del film, creando un'opera intima che avrebbe colto il pubblico alla sprovvista. Leggendo la bozza dello script è possibile assistere: ad un Pennywise che - al pari del romanzo - fa espliciti riferimenti sessuali (arrivando a trasformarsi in una donna che si masturbava facendo emergere il sangue mestruale); al padre di Beverly che stupra senza pietà la sua stessa figlia e ad un onirico e trascendente trasformazione del clown nella sua vera natura extra-terrestre.


Tutto questo spirito provocatorio ma funzionale si è disperso nel tempo, come lacrime nella pioggia.


La Warner Bros chiude i rapporti con il regista per divergenze creative e preferisce puntare su un professionista più addomesticabile e incline al loro spirito commerciale di fare soldi a manetta.

Ecco, dunque, che entra in scena Andrès Muschietti.

Precisiamo sin da subito: Muschietti è un bravissimo regista. Le sue inquadrature sono fantastiche, lo spirito con cui tratta certi argomenti è maturo, la sua fotografia è eccellente e non pecca neanche troppo nel montaggio.

IL punto debole dei suoi film, tuttavia, riguarda la narrazione. Il suo film d'esordio, "Mama" (prodotto da Guillermo del Toro) era una storia dall'alto potenziale ridotta ad un gomitolo ammassato e malgestitato di eventi e personaggi.

Il suo "IT", purtroppo, funziona ancor meno.


Old > New


"IT" del 2017 ha diverse scelte che non funzionano.

Partiamo dagli jumpscares.

Da che mondo è mondo, per spaventare non è necessario alzare il volume degli effetti sonori e palesare urli agghiaccianti; la paura è un istinto naturale che si manifesta nelle situazioni di disagio, vulnerabilità e mistero. Edgard Allan Poe stregava i suoi lettori con il suono di un cuore che batte, da dientro le assi di legno di un pavimento, oppure faceva scorgere l'occhio alzato di un vecchio che ti fissava nell'oscurità. Piccoli gesti che ti fanno rabbrividere enormemente.

Se guardiamo alla settima arte, invece, abbiamo film come "Martyrs", "REC" o "madre!" che ti rimengono impressi nel subconscio anche giorni dopo la visione. La situazione di crisi che suscitano nello spettatore, continua anche dopo la fine del film.

Con il nuovo "IT" si può star pur certi che si dormiranno sogni tranquilli; nulla in questa pellicola è pensato per suscitare una vera tensione. Quello che manca è una certa finezza (presente nella miniserie TV) con cui farci rabbrividire al pensiero che esista un pagliaccio assassino nella tua città, e nessun adulto sia lì a supportarti.

Quello che abbiamo, invece, è tutta una serie di ripetitivi e prevedibili jumpscares, che scandiscono l'andamento irregolare della pellicola, e che vengono messi nei momenti sbagliati.

Nella miniserie TV, il farci affezionare al club dei Perdenti pernettava di empatizzare con loro nei momenti di pericolo. Muschietti, invece, ci presenta la maggior parte dei personaggi durettamente con degli jumpscares causati da Pennywise. Alla fine di ogni scena di spavento (realizzata meccanicamente con la stessa formula: bambino, da solo, nota qualcosa di strano - si avvicina lentamente - buu! spavento!) lo spettatore ha acquisito qualche informazione sulla paura del bambino, ma non vi è legato emotivamente per poterne fregargli qualcosa.


BUUUU!!!

Ci ssstiamo cagando sottooo!

Il secondo elemento negativo del film riguarda... i ragazzini stessi.

Muschietti concede di allargare di più gli ormoni dei giovani protagonisti (la scena in cui tutti i maschietti guardano Beverly in costume è la più esplicita differenza con la casta miniserie TV) ma decide di regredire i loro comportamenti a degli stereotipi talmente esagerati da diventare clichè.

Bill (interpretato da Jaerden Lieberher) , un personaggio piuttosto emotivo nella miniserie TV, qui diventa un balbuziente (che balbetta poco) nell' ostinata ricerca del fratello scomparso, e non nella vendetta verso Pennywise (il che scuoteva i suoi istinti più negativi, allontandolo sempre più dall'innocenza dell' infanzia). Il suo personaggio, ovvio leader della banda, è piatto e reso superficialmente; ogni cosa che dice o fa è un clichè già sentito centinaia di volte, e la scena finale in cui - finalmente - capisce che George non può essere vivo (nonostante lo abbia già visto morto e decomposto) è di una banalità allucinante.

Tale sequenza funziona molto meglio nella miniserie TV quando un Bill - ormai adulto - rimane comunque ammaliato dalla visione del piccolo George di fronte a lui. Si tratta di un momento fondamentale, perchè ci fa capire come il personaggio non abbia mai superato il trauma ed è in realizzato in maniera tale da non mentire allo spettatore perchè è ovvio che George non sia vivo, l'importante è stabilire un legame emotivo.

Mike (interpretato da Chosen Jacobs) è un altro personaggio sprecato in questa visione. Tralasciando il suo minutaggio scarso, che lo renderebbe più una comparsa piuttosto che un protagonista, Mike non funziona quanto nell'adattamento televisivo per una ragione ovvia: il cambiamento temporale.

La moda vintage di far ritornare in auge gli anni '80 ha spinto i produttori del film ad ambientare il nuovo "IT" direttamente in quel decennio (più precisamente nel 1988) e NON negli anni '50 come Stephen King aveva saggiamente pensato.

La situazione sociale tra le due epoche è immensa. Negli anni '50 i diritti delle persone afroamericane non erano le stesse degli inizi anni '90. Vero, il razzismo - purtroppo - esiste ancora ma negli anni pre-Martin Luther King e pre-Rosa Parks la situazione era molto più distopica e soffocante; King (Stephen) non si risparmiava la critica alla società di quei anni.

Ecco, dunque, che il nuovo Mike appare soltanto come mezzo per non perdere quella fetta di pubblico che vuole essere rassicurato da messaggi di perbenismo semplici e poco introspettivi. "Trattare male un bambino per il colore della pelle è una cosa brutta". Mike potrebbe benissimo indossare una maglietta con questa scritta, perchè è tutto quello che il personaggio ha da trasmettere in questa trasposizione. Le poche scene del padre (in cui Mike è costretto ad ammazzare gli animali in un mattatoio) non sono rese abbastanze importanti da poterci far comprendere meglio il suo carattere o sviluppo emotivo.

Stan (interpretato da Wyatt Oleff ) ci viene introdotto con una sequenza jumpscare - attraverso cui si dovrebbe far notare la sua inadeguatezza nell'imparare a memoria il testo per il suo bar mitzvah - e poi viene completamente acantonato. Le numerose scene tagliate dal film, in cui avremo avuto una sorta di chiusura per il suo arco narrativo, non hanno di certo aiutato.

Ben (interpretato da Jeremy Ray Taylor) potendo far leva sulla sua pucciosità con cui addolcire il pubblico, viene messo abbastanza in primo piano per dar senso d'esistere alla sua cotta con Beverly. Purtroppo, non solo ci viene sottratta tutta la sua vita famigliare (presente, ma che sorpresa!, nella miniserie TV) ma il personaggio occupa il ruolo di Mike, fregandogli la parte del bambino che fa ossessive ricerche sulla città di Derry.

Richie (interpretato da Finn Wolfhard) è il membro più caratteristico e divertente. Andrebbe tutto bene se solo non vivesse nella costante incoerenza d'essere sia estremamente coraggio alle volte sia estrememante spaventato nelle altre. Però, su dai, le sue gag da ragazzo figo sono così divertenti che ci stanno bene in questa commedia-horror senza l'horror!

Eddie (interpretato da Jack Dylan Grazer) è forse la vittima più grave dell'estrema semplificazione di questi personaggi. La sua fobia verso batteri e le malattie lo portano ad essere una macchietta comica grossolana e simpatica. Purtroppo lo spettatore non ha mai il brivido di poter condividere la sua paura verso lo sporco e gli infetti (incarnata da Pennywise in un lebbroso) però, ehi,due risate non fanno mai male. Nonostante questo film non si ponga come comedy-horror...


"Mio caro recensore, perchè sei così ser...? Ah, no. Wrong movie."

Tralasciamo un attimo Beverly e passiamo ad un altro personaggio, terribilmente sprecato in questo adattamento...il bullo Henry (interpretato da Nicholas Hamilton).

Nella miniserie TV sarà passato più volte in mente - un pò a tutti - che la vera minaccia non era neanche tanto Pennywise quanto il bulletto di quartiere che - in maniera psicopatica - terrorizzava i nostri eroi in ogni angolo della città. Quella figura così opprimente e soffocante in questa versione del film diventa... praticamente un cameo.

Non solo Henry ha un minutaggio così scarso da scordarti il più delle volte della sua esistenza, ma per quanto abbiano cercato di renderlo più malato e incline alla follia rispetto alla sua precedente incarnazione, ne è uscito fuori - invece - un antagonista di poco fascino, con un altissimo potenziale - e un bravissimo attore - sprecato.

Il conflitto con il padre poliziotto era molto affascinante ed è uno di quei pochi momenti in cui la paura, vissuta sulla pelle di un bullo in realtà fragile emotivamente - diventa verosimile e quindi coinvolgente. Peccato che il personaggio diventi ben presto una sorta di boss pre-finale da videogioco e la maniera in cui esce di scena ci fa presuppore che nel sequel non ci sarà il senso di colpa dei Perdenti per avero lasciato in prigione, (accusato per i crimini commessi da Pennywise), dato che qui sembra... morto.

Mi auto-censuro sull'iconica scena dei Perdenti che lanciano i sassi a Henry e i suoi bulletti per difendere Mike. Evidentemente il bisogno di cercare un audience più ampia possibile di ragazzi ha spinto i produttori ad inserire tante scene comiche e cartoonesche, al punto tale che la scena in sè - tra musica pop ad alto volume e goffi rallenty sui bulli - perde tutto il fascino che aveva, invece, nella miniserie TV.


Due paroline vanno dette anche sulla non ottima gestione degli adulti. Le basi ci sono tutte: i genitori dei protagonisti sono assenti e distanti, il padre di Beverly è un grande figlio di troccola (-cit. RatManiana) come dev'essere, e qua e là ci sono dei cittadini che appaiono poco altruisti e molto infimi.

Quello che viene a mancare (e dispiace citare per l'ennesima volta la miniserie TV) è quel senso di straniamento per il quale tutti i comportamenti sospetti della popolazione siano inevitabilmente legati all'esistenza di Pennywise. La madre di Eddie è forse l'unico personaggio in cui avvertiamo la paura di perdere il proprio figlio per colpa del pagliaccio. Per tutta la durata della pellicola, invece, troviamo uno scarsissimo minutaggio dei genitori dei Perdenti (il padre di Bill si vede in una sola scena) e per quanto fosse ovvio che si volesse far pesare la loro assenza nella vita dei ragazzi, non è stato fatto con quella sottilezza con cui il messaggio passerebbe più decisivo.

A questo punto non li avrei messi proprio - eccezion fatta per il padre di Beverly.

"Il nuovo IT, è molto mediocre perchè cerca di inserirsi nella cerchia di horror commerciali dal grande appeal ma dalla scarsa qualità, che non riguarda certo l'apparato visivo-tecnico ma i suoi contenuti e la loro messinscena.

Riassumendo il filo del discorso, "IT" di Muschietti è un'opera che delude per la sua scrittura e il tentativo di acchiappare un pubblico vasto grazie a jumpscares fini a se stessi e richiami nostalgici agli anni '80.

Non aiuta la scelta di un cambio altalenante del mood. Va più che bene inserire qua e là dosi di umorismo per calmare i giovanissimi spettatori a cui il film è rivolto, tuttavia lo si fa sempre per eccessi, passando da un tono ad un altro, facendo perdere personalità ad un film che vuole essere più film messi insieme.

La miniserie TV riusciva a stabilire un atmosfera straniante ed ipnotica in cui i momenti più leggeri erano dettati dalla tenerezza che traspariva dai suoi protagonisti. E sia chiaro, per quante volte stia citando l'opera televisiva, non la trovo di certo un grandissimo prodotto, è pur sempre mediocre e piena di difetti.

Messa però a confronto con il nuovo "IT", si nota come quest'ultimo sia molto più mediocre perchè cerca di inserirsi nella cerchia di horror commerciali dal grande appeal ma dalla scarsa qualità, che non riguarda certo l' apparato visivo-tecnico (tra un pò ne scriverò) ma i contenuti narrativi e la loro messinscena.

A tal riguardo, anche la bellissima colonna sonora di Benjamin Wallfisch si perde in un montaggio sempre puntato su eccessivi rumori non-ambientali nelle scene più paurose (sembra che spaventare senza alzare il volume sia impossibile) e l'utilizzo fuori luogo di pezzi musicali degli anni '80 messi allo scopo di ricordare quanto sia bello (e vendibile) il vintage!


Cosa si salva?


Come si è ben capito non condivido le scelte fatte nella realizzazione di questo film. Scrivere una recensione negativa per una pellicola per il quale il sottoscritto si era creato una positiva aspettativa non è proprio una goduria, quindi, direi di concluderla facendo notare quali siano stati, invece, gli aspetti più riusciti.


Entusiasmo: MODE ON


Beverly (interpretata da Sophia Lillis) è indubbiamente il personaggio migliore del film. Avrete notato che ho evitata di citarla nella lista di sopra perchè la trovo praticamente ben caratterizzata.

L'attrice che l'ha interpreta è perfetta nel ruolo e scommetto che avrà una carriera filmica molto vasta e di successo. Se non si rovina durante il percorso e non fa cassate, diventerà una grande professionista.

Intendiamoci, anche tutti gli altri attori sono stati bravi nel loro compito; tuttavia, viene molto più spontaneo dirlo quando il personaggio è altrettanto ben scritto, no?

E Beverly lo è sicuramente.

Sin da subito il personaggio ci viene fatto conoscere nella scena del bagno a scuola in cui un gruppo di antipatiche ragazze le versano addosso la spazzatura, definendola una gran troccola.

In questo film, ha molto più senso che Beverly sia presa di mira con offese sessuali.

Nella miniserie TV il personaggio è ancora troppo bambinesco, nonostante si abbia avuto il coraggio di inserire una scena in cui i bulli le stanno addosso come ad abusarla fisicamente.

In questo film, Beverly non nasconde i suoi ormoni: è molto più appariscente e in procinto di diventare donna; ce lo ricorda la scena in cui i ragazzi la spiano mentre dorme in costume, ma ci riesce ancor meglio un altra sequenza... quella in farmacia.

Beverly, nel tentativo d'aiutare i Perdenti a rubare un kit di soccorso, seduce il farmacista - un uomo sui 40 anni - facendo battute su quanto sarebbe affascinante quanto un Superman (qui, l'omaggio agli anni '80, funziona perfettamente) se solo si togliesse gli occhiali.

L'uomo, togliendosi gli occhiali, non nota i Perdenti che se la danno a gamba e continua a flirtare con la ragazzina che ora si trova in una posizione scomoda e di svantaggio, da cui ne uscirà con una scusa.

Una scena del genere suscita una paura sottile ma efficace; la paura che esistano veramente gente villana come il pedofilo farmacista. Li sì che il messaggio e la critica di Stephen King emorgono e fanno leva sull'emozione dello spettatore. Non ci sono riusciti con gli altri Perdenti ma con Beverly invece sì... e più di una volta.

Tutti i momenti d'oppressione col padre violento e mentalmente instabile sono perfettamente riusciti e riescono a comunicare il terrore di dover vivere con un "genitore" del genere. Le paure di Beverly sono quelle che coinvolgono di più; anche senza la presenza di un Pennywise che tenta di ricalcarle nello scontro finale.

In sintesi, il personaggio di Beverly è quello su cui abbiamo il miglior arco narrativo ed è quello a cui ruota meglio il tema sessuale che nel romanzo di King era notevolmente più esplicito.

"Ma lo sai che assomigli tantissimo a Jessica Chastain?" - "Eh, vedrai nel prossimo film!"

La seconda cosa che si salva di questo film è... bè, il vero motivo per cui tutti hanno voluto vedere questo film: Pennywise!

Dare forma e carattere ad un personaggio ricordato per l'esilarante perfomance di Tim Curry era un'impresa non facile, quindi, alzatevi dalla vostra poltona e fate un applauso lungo 92 minuti per i costumisti, i designer,il regista e tutte le persone che hanno contribuito a formare l'aspetto del boogeyman clownesco generando una nuova icona riconoscibilissima.

Soprattutto, fate un grande applauso all'interprete di questa icona: Bill Istvan Günther Skarsgård.

In lista per il ruolo del clown extraterrestre avevamo Jhonny Depp, JIm Carrey, nuovamente Tim Curry e - la scelta originale di Cary Fugunaka - Will Pouter.

Skarsgård è riuscito a superare il casting e mai scelta migliore fu fatta per questo film!

Il giovane attore incarna perfettamente lo spirito soprannaturale di Pennywise; riuscendo a farci avvertire il mistero ruotante attorno alla sua figura. I movimenti facciali e degli occhi (notate come non li sbatte mai); il tono della sua interpretazione (ben calibrata pur essendo squillante) e tutta quanta la perfomance fisica è pura gioia per gli occhi.

L'unica pecca - concedetemelo - è che avrei fortemente vedere il personaggio dialogare molto di più con i Perdenti. Tim Curry era un chiaccherone senza fine; Skarsgård lo hanno fatto parlare un pò meno ma quando accade funziona sempre.

La seconda miglior scena del film, dopo quella del farmacista, è proprio la primissima apparizione del pagliaccio su schermo. Non vi mentirò, all'inizio - quando il film non si rovina con jumpscare inutili e personaggi macchietta - ho percepito pura tensione durante il dialogo tra il piccolo George e Pennywise.

Ricordo ancora come stessi aggrappato alla poltrona del cinema e il brivido che provavo mi piaceva da matti. La scena è ben diretta, l'atmosfera funziona e Pennywise riesce a conquistarti al volo. Un gran peccato che poi tutto vada un pò a caciara.

Sempre riguardo Pennywise, ho adorato la miglior gestazione dei suoi palloncini.

Uno dei difetti della miniserie TV era la presenza per nulla paurosa di tanti palloncini colorati, seguiti dalla risata di Tim Curry. Il nuovo film, invece, si stabilisce una palette di colori ben precisa: rosso e... basta.

Palloncini rossi appaiono sullo schermo allo scopo di avvisarti della presenza del clown in ogni dove: dalla macchina di una coppia di cittadini alla biblioteca del posto. Ciò che conquista è ,però , il fatto che i palloncini siano dei mezzi attraverso cui nascondere l'orrore che da lì a poco esploderà nel solito jumpscare.

Una sequenza del film vede la camera di ripresa - in una inquadratura soggettiva - che si focalizza su un palloncino, mentre questi si avvicina sempre di più verso lo spettatore. Sulla sua superficie si vede - ironicamente - la scritta "I love Derry" e - subito dopo - il palloncino scoppia e Pennywise parte all'attacco. Qui la tensione è meglio costruita perchè riesce ad avvalersi di un semplice oggetto, senza ridicolizzarlo come faceva la miniserie TV.

Un altro particolare ben riuscito; una chicca che può davvero mettere i brividini, è il veder comparire su un muro il graffito di Pennywise laddove poco prima.. non era presente!

Nessuno jumpscare, nessuna musica ad alto volume; solo una piccola chicca di cui - probabilmente - molti non si saranno accorti durante le loro visioni del film ma utile per poterci avvertire dell'onnipresenza del clown killer.


Un ultimo applauso per Pennywise riguarda la creattà che confluisce nei vari momenti in cui il clown diventa un gigante che sbuca da uno schermo; si trasforma in una donna di Modigliani; si contorce come se non avesse spina dorsale ed apre le sue faui di richiamo lovercraftiano.

Gli animatori di Pennywise devono essersi divertiti un mucchio nel nel non rendere mai visivamente noioso il personaggio. Tim Curry, negli anni '90 e col budget misero, non ha potuto avere un trattamento simile. La goffagine degli effetti speciali della miniserie TV è uno dei difetti principali che la rendono piuttosto mediocre. Certo, le tecnologie s'evolvono col tempo, quindi il nuovo "IT" partiva già avvantaggiato; tuttavia, esistono molti film vecchi che riescono ad vere ottimi effetti visivi anche dopo decenni. Penso, ad esempio, a "L'uomo invisibile" del 1933; nella scena in cui lo scienziato si leva la benda dalla testa; il risultato è ancora credibile anche agli occhi dello spettatore di oggi.


"Ma lo sai che assomigli tantissimo a "La cosa" "? - "Eh, vedrai nel prossimo film!"

Oltre agli effetti visivi, un'altra cosa ben riuscita nel cinema di Muschietti è la fotograia.

I detrattori del film (anche quelli peggio di me) possono lamentarsi del fatto che un horror non debba essere bello da vedere, ma dovrebbe incuterti paura anche dopo la fine della visione.

Tuttavia, non riesco a non farmi piacere la fotografia calda ed avvolgente di questo film.

Essendo una luce che esalta i volti, i contorni di un personaggio e le ambientazioni, non mi sento di bocciarla solo perchè non restituisce quella sporcizia appiccicosa che si dovrebbe provare in un horror tendente allo splatter.

Non siamo nei film splatter di Peter Jackson, ma va bene così.

E visto che cito uno dei miei registi preferiti in assoluto; ammetto che sin dalla prima visione del film ho pensato: "Ma perchè non fanno un bel entertainment horror piuttosto che tentare di rovinare la critica di KIng attraverso jumpscares inutili e piattezza nei personaggi?".

Sul serio, alzi la mano chi non vorrebbe un one man show (o meglio: monster) solo su Pennywise che si trasforma e fa impazzire il film nella follia onirica più totale. Un'opera di puro intrattenimento grottesca e carnevalesca.


Desideri folli a parte; questa è la mia recensione sul nuovo "IT". La mia speranza è che il prossimo capitolo - incentrato sugli adulti - non possa solo spaventare senza dover ricorrere a facili espedienti, ma si possa concentrare sullo sviluppo dei personaggi e il messaggio di King.

Muschietti è un bravo regista, può ancora salvare il finale di questa storia e regalarci il vero "IT".

Sempre che i produttori Warner stiano buoni...



Voto: 5

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